"LETTERA DI MARIA"

anziana in procinto di essere portata in istituto

Sono sempre stata fiera della mia autonomia, ma da un po’ non è più come prima, soprattutto quando penso al mio futuro. Sono ancora autosufficiente, ma fino a quando?

Tra me e me m’accorgo che i gesti diventano giorno per giorno un po’ meno disinvolti, anche se mi dicono ancora: “Fossi io come lei alla sua età..”. Uscire per la spesa e tenere la casa mi fa una fatica crescente. 

E allora penso: “Quale sarà il mio futuro?”. Quando ero giovane la risposta era semplice:

con tua figlia, col genero, con i nipoti, ma adesso come si fa, con le case piccole e le famiglie in cui lavorano tutti?

Allora anche adesso la risposta è semplice: l’istituto. 

E’ martellante, lo dicono tutti, però tutti sanno anche, e non lo dicono, che nessuno vorrebbe lasciare la sua casa per andare a vivere in un istituto. 

Sento spesso in giro chi dice: “L’abbiamo messo in un bell’istituto, per il suo bene”. Magari sono sinceri, ma loro non ci vivono. Non è neppure un “male minore”, ma necessario. 

Però non credo proprio che sia un istituto la risposta a chi sta un po’ male e, soprattutto sta solo.

Ritrovarsi a vivere all’improvviso con persone estranee, non volute e non scelte è davvero un modo per vincere la solitudine?

So bene come si vive in Istituto. Succede che vuoi riposare e non ci riesci perché non supporti il rumore degli altri, i colpi di tosse, le abitudini diverse dalle tue. Si dice che da vecchi si diventa esagerati. 

Quello che è peggio è che non si può decidere quasi niente: quando alzarsi e quando restare a letto, quando accendere e quando spegnere la luce, quando e cosa mangiare.

 E poi, quando uno è più anziano (ed è più imbarazzato perché si sente meno bello di una volta), è costretto ad avere tutto in comune: malattia, debolezze fisiche, dolore, senza nessuna intimità e nessun pudore. 

C’è chi dice che in Istituto “hai tutto senza pesare su nessuno”. Ma non è vero. Non si ha tutto e non è l’unico modo per non dare fastidio ai propri cari. 

Un’alternativa ci sarebbe: Poter stare a casa con un po’ di assistenza e, quando si sta peggio o ci si ammala, poter essere aiutati a casa per quel tempo che serve. 

E non è vero che tutto questo costa troppo. Questi servizi costano tre o quattro volte meno di un mio eventuale ricovero in una lungodegenza o in un istituto. All’estero mi dicono che è diverso. Qui da noi, invece, succede che finisci in un istituto e che nemmeno l’hai deciso tu.

Non capisco perché si rispettava le volontà di un testamento e invece non si viene ascoltati da vivi se non si vuole andare in un istituto. 

Quello che desidero per il mio futuro è la libertà di poter scegliere se vivere gli ultimi anni della mia vita a casa o in un istituto. Oggi questa libertà non ce l’ho. 

Aiutate me e tutti gli anziani a restare a casa e a morire fra le proprie cose. Forse vivrò di più, sicuramente vivrò meglio.

 

                                                                                  Maria

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